Gli strani "vermi-pene" del Cambriano - Ottoia e i suoi compagni cambriani
- Damiano Furlan
- 31 mag
- Tempo di lettura: 9 min
Fra gli aspetti più affascinanti della paleontologia possiamo citare, senza tema di smentita, il profondo stupore che si prova nel rinvenire specie vissute centinaia di milioni di anni fa, in periodi in cui la vita stava ancora compiendo i suoi primi passi verso la conquista di ogni anfratto visibile e invisibile della Terra.
Fra i periodi più affascinanti in cui poter ricercare creature, spicca sicuramente il Cambriano, fase della storia del nostro pianeta in cui si ebbe una enorme radiazione adattativa.
La fauna di questo periodo risulta essere sorprendentemente varia, diversificata e complessa, tuttavia, in questa occasione desideravo parlarvi di un genere in particolare, piuttosto sconosciuto al grande pubblico: Ottoia, un genere di animale vermiforme marino vissuto ancora agli albori della vita che, a causa della sua particolare morfologia, è stato fin da subito attribuito al... pene!
Ma... Andiamo con ordine.
Localizzazione geografico/temporale

Come avete potuto leggere poc'anzi nella parte introduttiva, questo organismo così singolare, descritto da Walcott ancora nel 1911, visse proprio nel Cambriano (541,0 - 485,4 milioni di anni fa circa), più di preciso intorno ai 505 - 508 milioni di anni fa, ovvero il primo periodo geologico dell'era paleozoica, intervallato fra il più recente Ordoviciano (485,4 - 443,8 milioni di anni fa) e il più antico Ediacarano (635 - 541 milioni di anni fa).
I suoi resti fossili sono stati rinvenuti in Canada, in particolar modo nella Columbia Britannica, nel famosissimo Yoho National Park, luogo in cui è presente uno fra i più importanti Konservat-Lagerstätte (giacimenti in cui gli organismi conservati a livello fossile presentano ancora un livello di dettaglio molto elevato), datati al cambriano di tutto il mondo: Burgess Shale.
Nonostante questo sia il luogo più famoso ove si sono rinvenuti i suoi resti, ve ne sono anche diversi altri, come negli Stati Uniti, in Pennsyvania, Utah o Vermont oppure ancora in Cina, a Guizhou o Hunan.
Fig. 1.1: Mappa geografica con evidenziata la localizzazione geografica dello Yoho National Park, ovvero il parco in cui sono localizzate le argilliti di Burgess Shale, uno fra i più importanti Konservat - Lagerstatte del Cambriano del mondo - Crediti: Qyd.
Una curiosa classificazione

Come ogni specie che si rispetti, anche questa è stata studiata approfonditamente ed è stata classificata con l'odierno sistema di nomenclatura scientifica.
Questo organismo così singolare appartiene al Phylum Priapulida, ovvero un gruppo di organismi marini, viventi tutt'oggi, caratterizzati da una struttura vermiforme, che ricorda molto la forma di un pene (il nome del phylum, del resto, non è casuale, in quanto la parola "Priapulida" si rifà ad una divinità greco-romana, nota appunto come Priapo, famoso simbolo della mascolinità, fertilità maschile e dell'istinto sessuale) e alla famiglia Ottoidae.
Talvolta questo organismo, ma anche diversi altri che vedremo successivamente, vengono inseriti all'interno di un gruppo di animali noti come archeopriapulidi (più precisamente Archaeopriapulida), che sarebbe una sorta di grande contenitore in cui si possono trovare molte specie simili per morfologia a Ottoia.

Di questo organismo, nel corso del tempo, sono state introdotte diverse specie, tuttavia alcune delle quali sono state successivamente riclassificate in generi a se stanti, sebbene con delle analogie nella morfologia (vedremo un caso concreto nel capitolo apposito), riducendo così il numero di specie di Ottoia, anche secondo l'articolo pubblicato nel 2015 da Smith et. al., a 2: Ottoia prolifica, ovvero quella più famosa, descritta ancora da Walcott nel 1911 e Ottoia tricuspida, descritta proprio nel 2015.
Le differenze principali risiedono nella morfologia dei denti, uncini e spine, differenti a seconda della specie.
Fig. 1.2: (Da sinistra a destra):
Olotipo della specie Ottoia tricuspida, descritta da Smith et. al. nel 2015 - Crediti: Martin R. Smith - Smith MR, Harvey THP, Butterfield NJ (2015);
Particolare dell'estremità anteriore di un esemplare di Ottoia prolifica rinvenuta nel giacimento di Burgess Shale - Crediti: Martin R. Smith - Smith MR, Harvey THP, Butterfield NJ (2015).
Fig. 1.3: Esemplare di piccole dimensioni di Ottoia prolifica rinvenuto a Burgess Shale - Crediti: Wilson4469.
Una specie... prolifica!

Il nome con cui è stato battezzato il genere, ovvero "Ottoia", non è di certo casuale, deriva infatti da un passo situato in prossimità proprio di Burgess Shale, il quale, a sua volta, è stato dedicato ad un astronomo che lavorava proprio in Canada, chiamato Otto Klotz.
Per quanto riguarda invece l'epiteto specifico della specie più famosa, ovvero "prolifica", deriva dalla fusione di due parole latine, ovvero "prole" e "ferax", dunque letteralmente "ricco di prole" cosa che rimanda in maniera inconfondibile all'abbondanza di questi organismi nei mari cambriani e, di conseguenza, nel record fossile.
Fig. 1.4: Fotografia raffigurante la cava di Walcott a Burgess Shale - Crediti: Mark A. Wilson (Wilson44691).
Morfologia cambriana

Nonostante Ottoia sia una specie risalente ancora al lontano Cambriano, i resti fossili rinvenuti nei Lagerstätte, in particolar modo Burgess Shale, permettono di ricostruire in maniera piuttosto chiara la sua antica morfologia, con tanto di dettagli piuttosto minuti, cosa che non è possibile fare con altre specie fossili.
Essendo considerato una sorta di "verme" acquatico, ovviamente il suo corpo presenta una struttura cilindrica più o meno allungata, con una misura che raggiungeva un massimo di circa 15 centimetri, anche se la media si aggirava intorno agli 8, tuttavia esemplari più piccoli presentavano dimensioni ben minori, anche di pochi centimetri, caratterizzati tutti quanti da numerosi anelli che percorrevano perpendicolarmente il loro corpo (come ben visibile sia nei fossili che nelle ricostruzioni).

Parlando di simmetrie, invece, questo animale ne presenta di due tipologie, a seconda della parte del corpo di riferimento: il corpo vero e proprio è caratterizzato da una simmetria bilaterale, mentre la parte anteriore ne presentava una radiale.
Su una delle due estremità, ovvero quella anteriore, era presente un rigonfiamento tondeggiante, dotato di numerose uncini, al cui apice si sviluppava invece una sorta di proboscide più stretta rispetto al diametro del corpo stesso, molto probabilmente utile per cacciare e nutrirsi, dotata anch'essa di numerose strutture identificate come denti, uncini e spine.
Nell'estremità posteriore, invece, non era presente una proboscide, bensì una normale terminazione tondeggiante caratterizzata da un anello di uncini.
Un aspetto piuttosto particolare dei denti di Ottoia, è che gli scienziati e ricercatori dell'università di Cambridge, ancora nel 2015, sono riusciti a studiare e classificare queste particolari strutture mediante l'impiego della microscopia elettronica, andando così a redigere quel che viene definito un "manuale del dentista" di questi enigmatici organismi, evidenziando come esistano diverse morfologie di questi ultimi.
Questo fatto, sebbene possa sembrare banale, risulta piuttosto utile, in quanto i ricercatori avranno la possibilità di setacciare i resti dei microfossili alla ricerca di queste strutture, in modo tale da ricostruire anche la loro distribuzione geografica e, con essa, parte l'ecologia del tempo.
Fig. 1.5: Ricostruzione paleoartistica di un esemplare di Ottoia - Crediti: Paleo Equii (CC BY-SA 4.0) BG Removed.
Fig. 1.6: Rappresentazioni grafiche delle diverse tipologie di scleriti rinvenute negli esemplari di Ottoia, in particolar modo delle specie Ottoia prolifica e Ottoia tricuspida - Crediti: Martin R. Smith, Harvey, T. H. P. & Butterfield, N. J. - Smith, M. R., Harvey, T. H. P. & Butterfield, N. J. (2015) (CC BY 4.0).
Stile di vita
Fra i compiti più complessi del paleontologo vi è sicuramente riuscire a ricostruire lo stile
di vita, il comportamento o, più in generale, l'etologia degli organismi che si rinvengono.

Nonostante sia così antico, gli studiosi sono riusciti a ricostruire numerosi aspetti della loro vita: innanzitutto, come ben sappiamo, questi organismi erano marini, più precisamente bentonici, dunque strettamente legati ai fondali, anche perché al tempo la vita sulla terraferma era ancora pressoché impraticabile.
La maggior parte del tempo, molto probabilmente, questo organismo la trascorreva al di sotto del fondale, in quella che poteva essere una sua tana, tipicamente ricostruita, anche nelle rappresentazioni paleoartistiche, a forma di "U", come in foto, tuttavia si ritiene che fosse stato capace di muoversi, nonché di scavare attivamente il fondale marino.
Parlando di dieta, questo organismo era carnivoro, tuttavia non particolarmente selettivo, in quanto poteva nutrirsi tanto di animali vivi, probabilmente cacciati da lui stesso, quanto di animali morti, nei quali consumava materia organica in decomposizione, svolgendo dunque la funzione di organismo spazzino.
La ricostruzione della dieta di Ottoia è stata possibile anche grazie dal ritrovamento di alcuni resti fossili nei quali, all'interno dell'intestino, sono stati rinvenuti dei resti di Haplophrentis, ovvero un genere di iolite, dei piccoli animali marini caratterizzati da conchiglie dalla forma conica ampiamente diffuse nei mari del cambriano, scomparsi alla fine del Permiano; oppure ancora dal ritrovamento di un assemblaggio fossile che mostra nove esemplari di Ottoia nutrirsi di un esemplare morto di un'altra specie a loro contemporanea: Sidneyia.
Altri resti fossili sembrano suggerire che Ottoia potesse nutrirsi anche di Wiwaxia, tuttavia non ancora in vita, ma tipicamente già morta, in fase di decomposizione.
Sempre in merito di dieta, sembrerebbe che Ottoia, analogamente ai priapulidi odierni, presentasse delle forme di cannibalismo (dunque esemplari di una determinata specie si nutrono dei loro simili).

Il modo con cui cacciava, secondo le ricostruzioni, era piuttosto particolare: in una delle sue estremità del corpo, come visto poc'anzi, presentava una sorta di proboscide dotato di numerosi denti e uncini, con i quali, probabilmente, riusciva a immobilizzare e/o uccidere le proprie prede.
Fig. 1.7: Ricostruzione paleoartistica di Ottoia in una sua ipotetica tana a forma di "U", in prossimità di Haplophrentis, ovvero una delle sue tipiche prede - Crediti: Smokeybjb (CC BY-SA 3.0).
Fig. 1.8: (da sinistra a destra):
Ricostruzione paleoartistica di Sidneyia - Crediti: Qohelet12 (CC BY-SA 4.0);
Ricostruzione paleoartistica di Haplophrentis - Crediti: Qohelet12 (CC BY-SA 4.0).
Ricostruzione paleoartistica di Wiwaxia corrugata - Crediti: Matteo De Stefano/MUSE (CC BY-SA 3.0).
Ottoia e i suoi compagni cambriani
A popolare i fondali marini e oceanici del Cambriano non c'era soltanto Ottoia, bensì diversi altri generi e specie sempre appartenenti al phylum Priapulida (avendo dunque morfologie a tratti piuttosto simili).

Possiamo trovare dunque generi come Ancalagon, di cui è nota la specie Ancalagon minor, inizialmente descritta da Walcott nel 1911 e ascritta al genere "Ottoia", successivamente riclassificata nel 1977 da parte di Conway Morris, rinvenuta anch'essa nel giacimento fossilifero di Burgess Shale, nella Columbia Britannica e vissuto intorno a 505 milioni di anni fa, capace di raggiungere delle modeste dimensioni, intorno agli 11 centimetri di lunghezza. Eximipriapulus, di cui è nota la specie Eximipriapulus globocaudatus, descritta da Ma et. al. nel 2014, è stato rinvenuta nel Lagerstätte di Chengjiang, nella provincia dello Yunnan in Cina, si ritiene che fosse uno scavatore attivo, oltre ad essere di natura bentonica; Louisella, di cui è nota la specie Louisella peduncolata, appartenente alla famiglia Miskoidae e rinvenuta a Burgess Shale, considerato come uno dei più grandi priapulidi del Cambriano, con una lunghezza stimata di 30 centimetri, nonché anche esso bentonico, scavatore e carnivoro; Selkirkia, ulteriore priapulide cambriano estinto, rinvenuto in svariate parti del mondo, come Cina, Stati Uniti (Utah, Pannsylvania, Nevada ecc...) Marocco e Canada, tuttavia la specie più famosa, ovvero Selkirkia sinica, è stata rinvenuta in Cina, nello Yunnan. Caratterizzato da una forma tubulare, questo animale trascorreva il suo tempo in posizione verticale innestato nel fondale marino, nonché presentava anch'esso una sorta di proboscide dotato di numerosi denti piuttosto elaborati, proprio come quelli di Ottoia, anche se con delle differenze morfologiche; Xiaoheiqingella, di cui è nota la specie Xiaoheiqingella peculiaris, descritta da Hu nel 2002, è anch'esso un ulteriore esempio di priapulide cambriano, i cui resti fossili, come forse si può sospettare, sono stati ritrovati in Cina, nello Yunnan.

Fig. 1.9: Ricostruzione paleoartistica di Ancalagon minor - Crediti: Obsidian Soul (CC BY 3.0).
Fig. 1.10: (da sinistra a destra):
Ricostruzione paleoartistica 3D di Eximipriapulus globocaudatus - Crediti: Prehistorica (CC BY-SA 4.0) BG removed, rotated;
Esemplari fossili di Louisella - Crediti: Charles Doolittle Walcott;
Ricostruzione paleoartistica 3D di Selkirkia columbia - Crediti: Anima di ossidiana;
Esemplare fossile di Selkirkia columbia - Crediti: Smith, M. R., Harvey, T. H. P. & Butterfield, N. J. (2015) The macro- and microfossil record of the middle Cambrian priapulid Ottoia. Palaeontology. doi:10.1111/pala.12168
Ricostruzione paleoartistica 3D di Xiaoheiqingella peculiaris - Crediti: Prehistorica (CC BY-SA 4.0) BG removed, rotated.
Crediti immagine di copertina: Smokeybjb (CC BY-SA 3.0).
Fonti:
Ma X, Aldridge RJ, Siveter DJ, Siveter DJ, Hou X, Edgecombe GD. A New Exceptionally Preserved Cambrian Priapulid from the Chengjiang Lagerstätte. Journal of Paleontology. 2014;88(2):371-384. doi:10.1666/13-082.
PaleoBioDatabase.
The macro- and microfossil record of the Cambrian priapulid Ottoia - Martin R. Smith, Thomas H. P. Harvey, Nicholas J. Butterfield.
Vannier J (2012) Gut Contents as Direct Indicators for Trophic Relationships in the Cambrian Marine Ecosystem. PLoS ONE 7(12): e52200.
Gut Contents as Direct Indicators for Trophic Relationships in the Cambrian Marine Ecosystem - Jean Vannier (2012).
University of Cambridge - Compiling a ‘dentist’s handbook’ for penis worms.
University of Leicester - Prehistoric penis worms shed light on ocean ecology half a billion years ago.
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